Dalla produzione alla vendita, per conquistare il senso del proprio lavoro. Tre giovani con disabilità, impegnati in un programma di agricoltura sociale, dopo aver sperimentato la soddisfazione del primo contratto di lavoro, della stanchezza che porta frutto, del potersi definire lavoratori, possono mettersi in gioco nella distribuzione e nella vendita diretta di quanto hanno coltivato: ristoratori, negozianti, fruttivendoli, privati cittadini. Tante persone con cui poter entrare
in contatto in maniera continuativa o occasionale, a cui raccontare la propria esperienza, concludere una vendita ed incassare, ricevere direttamente apprezzamenti e suggerimenti di migliorie.
Nella dinamica di una cooperativa che amplia la propria rete di vendita, la varietà delle coltivazioni, la tipologia di clienti, i giovani con disabilità intellettiva possono sperimentare in pieno cosa vuol dire far crescere la propria azienda e abitare la città con un nuovo ruolo.
La cooperativa Filodolio è impegnata da alcuni anni in un progetto di agricoltura sociale, Utilità marginale, che coinvolge alcuni giovani con disabilità intellettiva. Nell’ultimo anno, questo progetto ha portato al recupero e alla coltivazione di oltre quattro ettari di terreno incolti o abbandonati, con la produzione di ortaggi, grano, legumi, micro-ortaggi, zafferano e topinambur. I prodotti raccolti vengono venduti ad una rete di privati, negozi e ristoranti di fascia alta. In alcuni casi è stata avviata la trasformazione e confezionamento (topinambur sott’olio, pasta fresca, frise, zafferano essiccato). I giovani con disabilità intellettiva – Lucio, Gianmarco, Stefano e Davide – sono stati assunti e collaborano alla conduzione dei terreni agricoli. Hanno inoltre partecipato a
diverse manifestazioni di settore presentando il proprio lavoro e gli effetti sulla loro condizione sociale.
Qual è allora il passo successivo? Quello di portare nel pieno centro della città i frutti di questo lavoro di inclusione e recupero di marginalità. La commercializzazione dei prodotti ottenuti dal proprio lavoro diventa, quindi, un potente fattore di inclusione, grazie alla maggiore visibilità del loro protagonismo, al formarsi di una rete di relazioni con chi acquista ciò che viene da loro coltivato, alla presenza all’interno del contesto cittadino.
Link utili
– http://www.fondazioneprosolidar.org/index.php/component/proj/410